L’articolo di Ricolfi del 12 agosto sul giornale La Stampa mi ha permesso una riflessione sulla scelta dei temi politici da parte dei giornalisti. L’articolo dice cose sensate, è una buona analisi dell’oggi ma non ci stimola sufficientemente sul futuro, sulla costruzione del futuro, perché le informazioni riguardano un pezzo dello scenario attuale. Ed una parte di scenario importante sembra sfuggire, sembra non esistere. Si può spingere un giornalista ad esplorare ciò che non è consolidato, ciò che NON è espressione dell’attuale potere ? Io penso di sì, ed ecco che cosa gli ho scritto (è uno stralcio, per non annoiare il lettore !!):
“ ho letto con piacere la sua analisi politica sul “partito che non c’è” del 12 agosto.
Da un lato condivido alcune sue affermazioni ….. dall’altro mi piacerebbe solleticarla a cambiare il titolo in “Il partito che c’è” per portarla a considerare e ragionare su di un aspetto della vita politica e sociale italiana che quasi tutti i giornalisti ed editorialisti italiani sembrano o vogliono ignorare.
Che cosa manca nell’analisi oggi dello scenario ? Manca la percezione dell’enorme voglia e capacità di partecipazione di alcuni milioni di persone, cittadini ed elettori.
Il fenomeno, che io considero come l’unico che ci permetterebbe di orientare nella direzione dello sviluppo sostenibile ed equo il Paese, è quello della partecipazione dei cittadini alle analisi ed alle scelte su tutti i “titoli” che condizionano e direzionano la nostra vita. E sono davvero tanti soprattutto se avessimo il coraggio di affermare un principio di concretezza fondato sui casi concreti da risolvere e da cui trarre, per induzione, le scelte legislative di più ampio respiro. Non partire dunque da assiomi e frasi ideologiche, di solito fortemente astratte e non realizzabili anche perché generiche, ma piuttosto dai “casi” di solito emblematici di asimmetrie di informazione e di potere.
Il mondo mi appare oggi dominato da oligarchie piuttosto ignoranti ed incompetenti a realizzare il “bene comune” ma molto esperte nel sottrarre ricchezze e diritti di libertà ovunque. E con grandi abilità manipolatorie in quanto controllano i media, soprattutto quelli televisivi, e con grande capacità di mobilitare il denaro per finanziare il candidato utile ai loro scopi.
Ma perché mai sono convinto che il cambiamento debba e possa partire dai cittadini (risparmiatori, consumatori, pazienti e così via) ? In primis perché ci sono fatti assai rilevanti che lo segnalano. Gli oltre 4 milioni di cittadini che sono andati a votare per le primarie della sinistra, il successo di mobilitazioni di massa attraverso Internet, come l’abolizione del costo di ricarica dei telefonini, organizzato da un giovane studente di nome Andrea D’Ambra, il successo del blog di Beppe Grillo e del suo giornale settimanale virtuale scaricato da più di 200.000 persone alla settimana, e così via.
I partiti, tutti, anche il nascente PD, hanno dei cittadini una concezione arcaica ed insoddisfacente per affrontare le sfide attuali: infatti essi fanno un uso sfrenato della comunicazione, specie la TV, come strumento di propaganda, non esprimono un qualunque programma concreto di partecipazione (nel senso deliberante ! e non solo consultivo) delle persone. Siamo trattati come sudditi, consumatori afasici, elettori emotivo-ideologici. Nulla che si configuri come genuino, concreto ed efficace strumento di partecipazione. Verticismo, cooptazione, falsità, imbonimento, alleanze nascoste, insomma qualcosa che assomiglia più ai comitati di affari che all’agorà, caso limite dell’esercizio della democrazia deliberante.
Il secondo punto che mi preme dirle è che in Italia, oggi, si stanno formando molti gruppi spontanei che operano in questa direzione della partecipazione dei cittadini e della sostituzione dell’attuale classe dirigente. In particolare mi soffermo su di un gruppo di cui ho sinora sentito parlare solo su Internet o per passa parola e che potrebbe diventare il “partito che c’è”.
Si tratta delle “lista civica per la repubblica dei cittadini” (Veltri , Beha, Pardi, Grillo, Travaglio, eccetera) fondata da diversi personaggi che si sono opposti, con effetti negativi sulla loro carriera professionale, alla casta politica. Perché mai nessuno ne scrive sui giornali, nessuno li invita nelle televisioni ? Per me la risposta è ovvia, il potere attuale difende il suo territorio. Ma perché i giornalisti e gli editorialisti non se ne occupano ?
E’ così difficile smettere di disquisire su problemi irrilevanti per i cittadini (irrilevanti in quanto le decisioni vengono o sono state già prese ben al disopra delle loro teste, peraltro ignorandoli e condizionandoli). …..Non sarebbe più utile, bello, stimolante, efficace cercare soluzioni al titolo “partecipazione dei cittadini” e priorità della nuova futura politica; perché non potremmo, anche con l’aiuto dei media, configurare un programma di governo risolutore di problemi, perché non possiamo immaginare un futuro con partiti nuovi eletti da cittadini “partecipativi” e consapevoli ? Perché non possiamo già oggi cominciare ad agire ? E’ davvero un’utopia? Preferiamo attendere il momento del degrado totale per affrontare l’emergenza rivoluzionaria dei “sudditi” ?”
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